Una comunione possibile
Gv 16,12-15 – Trinità (15 giugno 2025)
Fr. Goffredo Boselli, monaco della Madia
Evangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni (16,12-15)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Nelle celebrazioni della Pasqua abbiamo contemplato il mistero e l’azione del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito santo” (2Cor 13,13): grazia, amore, comunione, così compendia il mistero di Dio uno e trino l’apostolo Paolo. Abbiamo avuto modo di meditare sulla grazia salvifica della vita donata del Figlio, sull’amore di Dio Padre che no lo ha abbandonato negli inferi, e sulla potenza creatrice dello Spirito santo che genera e rigenera la comunione dei credenti. Come affermano i Padri della chiesa, di Dio noi non possiamo conoscere l’Essenza, ma solo la sua “economia in nostro fare”. La parte a noi visibile e comprensibile di Dio è quanto egli fa per noi. E questo deve bastarci.
La festa che oggi celebriamo aggiunge un nuovo tassello a questo cammino di conoscenza e comprensione: Padre, Figlio e Spirito santo non sono solo “Persone” che noi conosciamo attraverso “azioni specifiche”, ma sono anche mistero di comunione, totale e inscindibile. Nella Triunità di Dio celebriamo l’armonia divina, facciamo memoria di una comunione piena, contempliamo una perfetta sintonia di sguardi e di desideri tra il Padre, il Figlio e lo Spirito. È il mistero della diversità concorde, della differenza pienamente unanime, dell’alterità che si fa comunione.
“Molte cose ho ancora da dirvi – dichiara Gesù – ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Tra queste cose di cui siamo incapaci c’è anche il mistero della Triunità di Dio. Le lotte tra i cristiani attorno alle definizioni di questo grande mistero, come anche la difficoltà che ancora oggi i credenti sperimentano nel concepirlo, testimoniano questa difficoltà a capire. Ma tale difficoltà non sta per noi nel capire un concetto di come il nostro Dio possa essere al contempo trino e uno. La difficoltà nasce invece da una difficoltà molto più profonda e radicale, ossia dalla nostra poca esperienza di diversità riconciliata, di differenze vissute nella comunione, di piena accoglienza di ciò che è totalmente altro da noi.
L’altro spesso ci è di sospetto, la differenza ci disturba, il diverso ci fa paura, lo straniero lo respingiamo. La comunione nella diversità è una lingua che fatichiamo molto a parlare. Se noi credenti ancora facciamo fatica a comprendere che Dio è uno e trino, è perché esso rappresenta per noi un modello che ci pare inaccessibile, lontano, irreale. Anche i più aperti, i più propensi a uscire da sé hanno sempre un sé da difendere. La parola “altro” avrà sempre per noi una qualche sfumatura di “pericolo”, di “avversario”. In cuor nostro preferiamo fare senza l’altro, rischiando poi di finire a vivere contro l’altro.
Ecco perché siamo ancora incapaci di portare “altre cose” che il Figlio avrebbe voluto rivelarci. E tra queste il mistero della sua comunione totale con il Padre e con lo Spirito. Mistero che lo porta ad affermare: “Tutto ciò che il Padre ha, è mio”, una confessione di intima comunione.
Ma Gesù promette: “Quando verrà lui, lo Spirito di verità, vi guiderà a tutta la verità”. Noi non siamo condannati all’incapacità, all’inimicizia, a vedere sempre nell’altro un nemico. Lo Spirito continua ancora oggi e per noi l’azione rivelatrice del Figlio, rivelandoci il mistero della Triunità di Dio e la possibilità per noi di entrare nel mistero di comunione di cui il nostro Dio vive. Nello stesso tempo lo Spirito ci rende ci rende capaci di comunione, così che l’esperienza della comunione tra noi umani non è un ideale ma è possibile.
Nella festa della Trinità non celebriamo un concetto, ma il modo di essere di Dio e la possibilità per noi di vivere della sua stessa vita, una comunione possibile.