Ai numerosi ospiti giunti domenica 9 marzo a Casa della Madia per vivere il ritiro di Quaresima, fr. Enzo Bianchi ha proposto due meditazioni sul tema della compassione. Fr. Enzo ha motivato la scelta di questo tema dall’invito ricevuto dall’Unione Buddista Italiana ad intervenire il giorno prima, sabato 8 marzo presso il Palazzo Reale di Milano, alla presentazione del primo monastero buddista tibetano in Italia, alla presenza del venerabile Khen Rinpoche abate di Kapan, grande autorità buddista. Nel buddismo la compassione è la virtù più alta, intesa come saper soffrire con gli altri fino a soffrire con la natura, con ogni essere che vive. La compassione è la via della pace.
Fr. Enzo si è domandato come è possibile vivere la compassione tra di noi, nel quotidiano? Come fare affinché la compassione non rimanga nella sfera di un generico sentimento, ma si traduca in un atteggiamento di vero ascolto e partecipazione a ciò che l’altro vive? La compassione è quel comportamento che sottrae alla indifferenza e ci spinge incontro a chi soffre. La compassione è la risposta umanamente possibile alla sofferenza dell’altro: è lasciarci raggiungere dal suo dolore fino a sentirlo come nostro.
Il Dio biblico è un Dio vulnerabile, che soffre con l’uomo e le sue creature. Il movimento della compassione di Dio è sintetizzato da tre azioni: vedere, ascoltare, conoscere (cf. Es 3,7), che divengono la trama attraverso cui possiamo rileggere tutta l’esistenza di Gesù e i suoi numerosi incontri.
La compassione, questo sentimento universale che è al cuore di spiritualità anche molto diverse fra loro – appunto da quella cristiana a quella buddhista –, non è mai riservata ai soli membri della stessa comunità, della stessa famiglia, ma è indirizzata a tutti perché è un sentimento naturale degli umani. Nasce dalle profondità delle viscere materne, secondo la Bibbia, e dice la propria vulnerabilità, come capacità di essere feriti, toccati dalla sofferenza altrui. Colui che soffre e colui che ha compassione non sono infatti in cammino verso un unico destino? Dostoevskij ha definito la virtù della compassione la più importante delle virtù e l’unica legge di vita dell’intera umanità. Solo la compassione fa progredire l’umanità. Ma c’è da temere che nell’attuale situazione di barbarie che avvolge il mondo, diventino un sottofondo a tante dichiarazioni fatte in questi giorni le affermazioni di Nietzsche in Così parlò Zarathustra: “Io non amo i compassionevoli … Quelli che creano devono essere duri. Sia lodato ciò che rende duri!”. Fr. Enzo ha concluso le sue meditazioni osservando che se si instaurasse culturalmente un simile modo di pensare la società e se si assumesse questa postura di fronte alla sofferenza sarebbe davvero non solo la morte della pietà, ma la morte dell’umano. Ciò che fa l’umanità è la passione condivisa, un patire in comune, insieme, per poter vivere insieme.